Rischio tumore da radiazioni in utero e nella prima infanzia

Le tecniche diagnostiche di imaging localizzate all'area pelvico-addominale andrebbero utilizzate con cautela nelle donne in gravidanza e nei bambini fino al centesimo giorno di vita poiché vi è un possibile rischio cancerogeno anche con dosi di radiazioni più basse di quelle utilizzate in alcune procedure comunemente usate, come la Tac. 

È questo il risultato di uno studio caso-controllo condotto in Inghilterra e nel Galles su 2.690 bambini con tumore e su 4.858 controlli facenti parte dello United Kingdom childhood cancer study. La ricerca, coordinata da Preetha Rajaraman, della divisione di Epidemiologia tumorale e genetica del National cancer institute di Bethesda, negli Stati Uniti, aveva l'obiettivo di valutare il rischio di tutte le forme tumorali infantili - comprese leucemie, linfomi e tumori del sistema nervoso centrale - a seguito di esposizione alle radiazioni e agli ultrasuoni in utero e nella primissima infanzia. I modelli di regressione logistica, aggiustati secondo l'età materna e il peso del bambino alla nascita, non hanno evidenziato un maggior rischio di tumore infantile nei bambini che erano stati esposti a ultrasuoni in utero, mentre è emerso un leggero aumento del rischio di tutti i tumori (rapporto crociato, Or: 1,14) e leucemia (Or: 1,36) a seguito di esposizione ai raggi X nel grembo materno, rischio peraltro non significativo dal punto di vista statistico. Sulla base di una casistica poco numerosa, l'esposizione ai raggi X nei primi cento giorni di vita è risultata associata a un modesto e non significativo eccesso di rischio di sviluppare tutti i tumori e leucemie, così come a un aumento del rischio di linfoma. 

 

Articolo tratto da DoctorNews33

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